CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La messa a punto
di una metodologia che permette di ottenere un gel piastrinico molto malleabile
e di facile applicazione in chirurgia orale, clinicamente efficace per varie
applicazioni (siti estrattivi, rialzi di seno, difetti parodontali) nonché in
interventi di chirurgia maxillofacciale, è senza dubbio, una delle innovazioni
più affascinanti ed interessanti di questi ultimi anni.
In effetti, la possibilità di poter utilizzare nell'implantologia un CP, utilizzabile
sia da solo che in combinazione con osso autogeno spugnoso e corticale o con
matrice ossea di sintesi, che una volta attivato appare particolarmente utile
nel favorire i processi di guarigione e nell'accelerare le fasi di rigenerazione
ossea, sta riscontrando sempre maggiori favori.
I meccanismimi ed il potenziale di formazione e riparazione ossea sono stati
delucidati rapidamente durante gli ultimi dieci anni.
Nonostante rimangano aperte ancora molte problematiche, è per ora chiaro che
numerose citochine e GFs polipeptidici (PDGF, TGF-ß ,IGF, FGF) giochino un ruolo
essenziale in questi processi così complessi.
E' ormai universalmente riconosciuto che i GFs e le BMPs, fattori trascrizionali
che regolano la proliferazione e la differenziazione delle cellule mesenchimali,
svolgono un ruolo di primaria importanza nel rimodellamento, nella rigenerazione
e nelle fasi di guarigione sia dei tessuti molli che di quelli duri.
Numerosi dati di letteratura hanno dimostrato che le BMPs sono peptidi osteoinduttivi,
appartenenti alla superfamiglia del TGF-β e svolgono una funzione pleiomorfica
che va dall'organogenesi extracellulare e scheletrica alla generazione dell'osso
e alla rigenerazione.
Nel caso specifico della chirurgia implantare, le BMPs sembrano in grado di
stimolare la formazione di nuovo osso nel sito dell'impianto.
Di contro, i GFs polipeptidici sono mediatori biologici naturali che regolano
gli eventi cellulari cruciali coinvolti nella riparazione dei tessuti, come
la sintesi del DNA, la chemiotassi, la differenziazione e la sintesi della matrice.
Esempi di GFs individuati localmente nell'osso, nel cemento e nel tessuto di
rigenerazione includono PDGF, TGF-β, aFGF e bFGF, i fattori di crescita tipo
insulina IGF-I e IGF-II, e il CGF (fattore di crescita derivato dal cemento).
L'espressione di vari GFs, citochine e chemochine come conseguenza di danno
tessutale è in grado di regolare il processo di guarigione e di rigenerazione
ossea, che comporta una complessa interazione di molti fattori biologici locali
e sistemici.
Questa complessa interazione di mediatori locali, che è il risultato di meccanismi
autocrini e paracrini, stimola le cellule mesenchimali indifferenziate a migrare,
proliferare e differenziare in sede di innesto.
Lo studio delle complesse interazioni tra molteplici GFs sul metabolismo osseo
si è dimostrato molto importante per diverse ragioni:
1) numerosi GFs (IGF-I, TGF-β, bFGF e PDGF) vengono sequestrati nella matrice
ossea ad alte concentrazioni;
2) le cellule dell'osso rilasciano molti GFs;
3) si verifica, durante la riparazione dell'osso (come nella guarigione delle
fratture), un'espressione temporanea di geni che codificano sia per GFs multipli
che per i loro corrispondenti prodotti genici multipli.
Sulla base di tutte queste osservazioni si può intuire perché il gel piastrinico,
rivelandosi un bioprodotto ricchissimo di GFs autologhi favorisce, accelerandoli,
i normali processi sia di guarigione che di rigenerazione tessutali.
Inoltre, i recenti risultati ottenuti da diverse sperimentazioni cliniche hanno
indotto a credere che l'impiego di un solo GF non sia sufficiente per risolvere
tutti i problemi connessi ai processi di riparazione ma, al contrario, si ritiene
che una rete complessa di GFs, citochine ed altri mediatori biologici, debbano
essere usati più specificatamente per ottenere una guarigione completa delle
ferite ed una rigenerazione rapida ed efficace.
In effetti, è stato dimostrato che la fase iniziale della rigenerazione sia
caratterizzata dal rilascio, in sede di innesto, di PDGF, TGF-Β e IGF-I e II,
mediante degranulazione delle piastrine.
Pertanto, al momento, si ritiene che il gel piastrinico, quando mescolato con
osso autologo, offra la possibilità di ottenere un tessuto da innesto autogeno
con caratteristiche chirurgiche ottimali per facilità di stabilizzazione e con
una qualità di guarigione superiore per tempi e mineralizzazione, se paragonato
all'utilizzo di osso autogeno da solo.
Il CP, pertanto, viene considerato un utile e disponibile strumento per incrementare
sia la qualità che la quantità finale di osso neoformato.
Il gruppo di Marx, pioniere in questo campo, ha elaborato una procedura che
prevede la raccolta di plasma autologo ricco di piastrine, indispensabile per
formare il gel.
Le piastrine vengono isolate e concentrate a partire dal sangue del paziente
(prelievo di 450-500 ml) permettendo, quando si degranulano per l'aggiunta di
trombina bovina e calcio cloruro, di ottenere GFs, citochine, fibrina e molecole
di adesione.
Riflettendo sull'importanza di un utilizzo del gel piastrinico nella pratica
chirurgica, è stato messo a punto un protocollo di facile esecuzione, economico
e che permette di ottenere rapidamente in laboratorio il gel piastrinico, così da poter essere utilizzato di routine nella chirurgia orale, implantare, parodontale
e maxillofacciale.
Questa procedura permette di preparare, in modo riproducibile e standardizzabile,
un CP a partire da un prelievo di 60 ml di sangue venoso che viene attivato
mediante una miscela di calcio gluconato e botropase per ottenere un gel di
piastrine la cui applicazione, verosimilmente, determina localmente un incremento
della concentrazione di GFs tessutali tale da accelerare guarigione e la rigenerazione
dei tessuti circostanti.
Si ritiene che le innovazioni fondamentali di questa tecnica, rispetto a quella
di Marx e collaboratori, consistano:
1) nella possibilità di poter prelevare poco sangue, rispetto al prelievo di
500 ml di sangue venoso necessario per realizzare la procedura di Marx e collaboratori,
che rappresenta senza dubbio un vantaggio in termini pratici e comporta una
scarsa morbilità per il paziente;
2) nella rapidità, la facilità di esecuzione e il costo veramente minimo che
consentono di rendere routidinaria la procedura di prepararazione del gel piastrinico;
3) nella sostituzione della trombina bovina con il botropase, aspetto di fondamentale
importanza poiché si è resa possibile la fattibilità e l'applicazione di questo
protocollo in Italia, dal momento che finora l'attivazione del CP poteva essere
effettuata solo ed esclusivamente mediante la trombina di natura bovina, non
commerciabile nel nostro paese; inoltre, l'uso del botropase è sicuramente da
preferirsi alla trombina bovina dal momento che può offrire una maggiore sicurezza
biologica;
4) nella possibilità di modellare il gel piastrinico; in effetti, questo biomateriale
è in grado di prendere la forma del recipiente in cui viene attivato; inoltre,
l'impiego di botropase, in grado di provocare un'attivazione delle piastrine
più lenta (5-10 minuti) rispetto alla trombina bovina (qualche secondo) permette
di modulare la consistenza e le dimensioni del gel.
Ovviamente forma e consistenza sono in funzione della quantità di CP che si
deve attivare e della forma del recipiente impiegato.
La possibilità di poter plasmare il gel piastrinico e l'utilizzo di capsule
Petri quale recipiente in cui eseguire l'attivazione del CP hanno consentito
di ottenere un gel a forma di membrane del tutto simili a quelle usate in campo
odontoiatrico.
L'opportunità di disporre di una membrana di piastrine, quale tappeto ricco
di GFs autologhi, che si può agevolmente maneggiare e che per la sua consistenza
si può addirittura suturare (figura 1), consente una più ampia applicazione
clinica del gel piastrinico, offrendo anche prospettive inedite nella terapia
rigenerativa che, attualmente, trova grande riscontro in chirurgia implantare
e parodontale.
Inoltre, é stato dimostrato che grazie al recupero ed all'attivazione del PPP,
finora non utilizzato dai protocolli classici di preparazione del CP, in quanto
considerato un prodotto di scarto per la sua povertà in piastrine, è di contro
possibile ottenere ugualmente la formazione del gel.
Una possibile spiegazione di questo risultato consiste nell'osservazione che
con questa metodica di preparazione del CP sono ancora presenti nel PPP delle
piastrine, verosimilmente, in una concentrazione tale da portare alla formazione
del gel.
Ovviamente, sono necessari studi più approfonditi per capire il reale significato
biologico di questo dato preliminare.
I risultati sperimentali raggiunti finora, sono del tutto sovrapponibili a quelli
di Marx, con la differenza che con questo protocollo è possibile preparare il
gel piastrinico partendo da una quantità di sangue decisamente inferiore (7-8
volte minore) ed utilizzando solo ed esclusivamente materiale autologo.
A tutt'oggi, si ritiene che gli studi sul gel piastrinico debbano essere ulteriormente
approfonditi dal momento che non si conoscono ancora tutte le possibili applicazioni
di questo bio-prodotto.
Pertanto, è senz'altro di fondamentale importanza cercare di identificare i
mediatori presenti nelle piastrine, indagando sulle possibili interazione di
questi fattori sia tra loro che con altre cellule target.
E' altresì fondamentale cercare di standardizzare i protocolli di impiego chirurgico
del gel piastrinico.
Inoltre, si rende noto che risultati sperimentali alquanto promettenti ottenuti
anche nel trattamento delle ulcere diabetiche e vascolari, mediante l'impiego
del gel piastrinico modellato a membrane non possono che essere di stimolo per
approfondire questo studio.
E', pertanto, possibile che le evoluzioni della tecnica del gel piastrinico
possano essere applicati con successo anche ad altre discipline della Medicina
Generale.
Considerando i risultati raggiunti finora nasce, inevitabilmente, l'esigenza
di comprendere il meccanismo fisiologico alla base del potenziale di guarigione
e di rigenerazione, proprio del gel di piastrine.