FILOSOFIA DEL POSIZIONAMENTO IMPLANTARE: UN APPROCCIO ORIGINALE IN RELAZIONE A SIMULAZIONI AD ELEMENTI FINITI PER LA RIDUZIONE DEL SOVRACCARICO OSSEO

 

Dr. Piero Silvestrini Biavati PhD*

Dr. Enrico Grappiolo **

Ing. Antonio Brencich PhD***

Ing. Ilaria Monetto PhD****

 

INTRODUZIONE

Nella metodica implantare, appare costante la ricerca della massimizzazione della stabilità primaria durante il posizionamento della fixture. La bicorticalizzazione o meglio la tricorticalizzazione di vecchia data, in uso già nella implantologia fibrointegrata, continua a guidare la metodica chirurgica. Il pensiero è semplice: se riusciamo a impegnare il nostro impianto in strutture ossee molto dure otteniamo un ancoraggio immediato che ci sembra possa garantire la migliore immobilizzazione possibile durante il periodo di guarigione. Infatti questo sembra essere il filo conduttore di tutta la implantologia moderna. Una buona, massiccia e rigida osteointegrazione è il presupposto imprescindibile ad una durata implantare nel tempo. Gli altri fattori sembrano non avere molta importanza sulla riuscita a lungo termine, come se sovraccarico occlusale, sovraccarico osseo, contaminazione batterica, forma degli elementi protesici, in fondo, siano problematiche marginali controllabili con una buona igiene. Non vogliamo qui sminuire l'importante ruolo della profilassi perimplantare, ma ci preme approfondire un particolare aspetto che è risultato da una nostra ricerca effettuata in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Genova: l'importanza della relazione esistente tra impianto e la struttura circostante, ovvero l'osso corticale e spongioso.

 

MATERIALI E METODI

 

Ci siamo avvalsi, grazie all'esperienza ed alla tecnologia disponibile nel dipartimento di Scienza delle Costruzioni, di una simulazione ad elementi finiti di una sezione di mandibola in regione secondo premolare. La modellazione prende origine da una vera mandibola da cui sono state estrapolate forma e distribuzione sia dell'osso corticale e sia di quello spongioso. In pratica siamo riusciti a simulare tridimensionalmente una sezione anatomica mandibolare con tutte le sue caratteristiche. Ciò ci ha permesso di effettuare simulazioni di carico implantare e di visualizzare gli andamenti del sovraccarico osseo, nonché la sua distribuzione. Queste tecniche, per loro natura, consentono di modellare strutture impianto/mandibola decisamente più vicine a quelle reali rispetto a quanto non sia possibile con analisi fotoelastiche. In quest'ultimo caso, ad esempio, la struttura impianto/mandibola viene considerata una struttura sottile, quasi una lamina, trascurando l'effetto dello spessore della mandibola. Mediante analisi numeriche agli Elementi Finiti è invece possibile rappresentare la mandibola nella sua forma effettiva, tenendo conto dello spessore e della sua conformazione asimmetrica.

 

L'evoluzione della tecnologia informatica ha consentito di raggiungere, con questa tecnica di analisi strutturale, una notevole affidabilità delle analisi numeriche, oltre che fornire informazioni di dettaglio che consentono di analizzare nei particolari il fenomeno meccanico dell'interazione impianto/mandibola.

 

L'analisi della distribuzione dello stato di tensione consente da un lato d'individuare le zone della mandibola più sollecitate, prevedendo in quali zone possano formarsi imbuti ossei, dove siano da temere riassorbimento osseo e/o fratture trabecolari, dall'altro consente di ottimizzare le tecniche d'intervento per quanto riguarda il posizionamento, la dimensione e l'inclinazione dell'impianto

 

A titolo di esempio nelle figure 1 e 2 sono rappresentati i modelli ad Elementi Finiti di un Boeing 747 per valutare la distribuzione delle azioni termiche sulla sua superficie.

Fig.1 Modellazione ad elementi finiti della forma della fusoliera di un Boeing 747

 

Fig. 2 Simulazione della temperatura sulla fusoliera di un Boeing 747

 

Sebbene il Metodo degli Elementi Finiti sia diffuso da svariati anni nell'ambito dell'Ingegneria Strutturale, al punto da costituire sia un comune mezzo di ricerca scientifica, sia un sofisticato strumento progettuale di impiego ormai comune nella progettazione di opere di rilevante importanza, il suo impiego nell'ambito della bioingegneria, e specificamente nell'ambito dell'implantologia endossea, è ancora allo stadio iniziale. Caratteristica di ogni fase di avvio di nuove procedure è l'incertezza con cui gli studiosi si muovono in tale ambito, in questo caso resa ancora più evidente dalla necessità di porre a confronto due settori disciplinari così distanti come l'Odontoiatria Protesica e l'Ingegneria Strutturale. Per questo motivo tra i lavori reperibili in letteratura è possibile trovare contributi originali di elevato livello, ma anche contributi più semplici, volti ad evidenziare ora questo ora quell'aspetto di un problema ma meno idonei a fornire una metodologia generale d'analisi.

 

In questa ricerca viene eseguita un'analisi agli elementi finiti di un impianto osteointegrato, con particolare riguardo non tanto agli effetti dei carichi sull'impianto stesso, quanto agli effetti sulla mandibola. Possiamo esemplificare il concetto con la visione del modello matematico semplificato di una struttura di un femore (fig. 3)

Fig. 3 Modellazione semplificata ad elementi finiti della struttura di un femore

 

L'entità del carico è stata assunta pari a 600 N, che rappresenta un valore piuttosto elevato se confrontato con una certa parte della letteratura, ma in perfetto accordo con quanto reperito in altra letteratura [21-23]

 

In queste condizioni, l'effetto di un carico diverso dai 600 N (circa 60 kg) che vengono assunti può essere determinato semplicemente tramite un'adeguata proporzione. Se ad esempio si volesse determinare l'effetto di un carico di 300 N, sarebbe sufficiente dividere per un fattore 2 tutti i risultati (tensioni, deformazioni e spostamenti) ottenuti con il carico di 600 N; analogamente, per un carico di 60 N sarebbe sufficiente dividere per un fattore 10. Per questo motivo il problema del carico applicato è relativamente poco importante; tuttavia si osserva che un carico di 600 N corrisponde a circa 60 kg, valore certamente elevato, ma che può essere raggiunto in un utilizzo raro, ma possibile, dell'impianto, ad esempio quando viene usata la dentatura per rompere il guscio esterno di alcuni alimenti.

Il modello ad elementi finiti distingue tre tipi di materiali, il titanio per l'impianto, l'osso corticale per la parte esterna della mandibola e l'osso spongioso per l'interno. Le caratteristiche elastiche dei tre materiali, coerentemente con la letteratura in materia, sono riassunte nella tabella 1.

Tabella 1. Caratteristiche elastiche dei materiali utilizzati nella modellazione numerica.

Materiale

Modulo Elastico (MPa)

Coefficiente di Poisson

Osso corticale

13700

0.3

Osso spongioso

1370

0.3

Impianto

115000

0.33

 

Costruire un modello ad elementi finiti di una struttura, qualunque essa sia, consiste nella sua suddivisione in unità elementari di grandezza finita (appunto quelli che vengono definiti Elementi Finiti) collegate le une alle altre in un numero limitato di punti detti nodi. L'ipotesi fondamentale del Metodo degli Elementi Finiti assume che il comportamento della struttura possa essere conosciuto per intero se si conosce solamente lo stato di spostamento, determinato dai carichi applicati, dei nodi; nei punti diversi dai nodi gli spostamenti vengono ottenuti per interpolazione, in altri termini attraverso un'opportuna operazione di media degli spostamenti dei nodi più vicini. Appare quindi evidente che quanto minore è il numero dei nodi, tanto più limitato è il numero d'informazioni che consentono di riprodurre la risposta complessiva della struttura ai carichi. Vice versa, un elevato numero di nodi fornisce un elevato numero d'informazioni e consente, quindi, di ricostruire la risposta della struttura, ad esempio la mandibola e l'impianto, con una maggiore precisione. Un elevato numero di nodi si accompagna ad una suddivisione in unità elementari di piccole dimensioni, o come si suole dire in gergo tecnico, ad una modellazione in elementi finiti piuttosto fitta.

 

 

Fig. 4 Vista assonometrica del modello tridimensionale completo mandibola/impianto. Si notino la definizione ben marcata di impianto, corticale e spongiosa. Dimensioni ricavate da una reale mandibola umana con impianto di diametro 4 mm.

 

Sebbene concettualmente sia preferibile ricorrere a modellazioni con molti nodi, esiste un limite di tipo tecnologico nell'infittimento del modello ad elementi finiti (mesh, con terminologia anglosassone) legato ai tempi di calcolo e ai limiti fisici degli elaboratori elettronici. Se si considera un modello tridimensionale, ogni nodo presenterà almeno tre gradi di libertà per ciascun nodo, ovvero è necessario calcolare per ogni nodo lo spostamento nelle tre direzioni dello spazio. Limitando anche a 2000 il numero dei nodi (che caratterizzano un modello tridimensionale ad elementi finiti di impegno modesto) si giunge a formulare il problema strutturale mediante 6000 equazioni con 6000 incognite, le quali dovranno essere risolte dall'elaboratore elettronico.

 

La costruzione del modello ad elementi finiti di una struttura, quindi, viene eseguita come ottimizzazione sia della precisione dei risultati sia dei tempi di calcolo , nonché delle risorse di calcolo (potenza di elaborazione) richiesta. In particolare se è necessario ottenere informazioni di dettaglio dal modello numerico, valutando con precisione le tensioni, le deformazioni e gli spostamenti in corrispondenza della base dell'impianto, sarà necessario eseguire una modellazione particolarmente raffinata (elevato numero di nodi e di elementi finiti), quindi anche particolarmente onerosa dal punto di vista di onere di calcolo.

 

Fig. 5 Sezione del modello ad elementi finiti in corrispondenza dell'impianto. Diametro della fixture 4mm. e lunghezza intraossea di 13mm. con un moncone intraorale di 10 mm. Per semplicità il complesso impianto/moncone è stato simulato come un corpo unico. Notare comunque il rapporto favorevole impianto/corona che difficilmente possiamo applicare nelle nostre riabilitazioni. Risulta ovvio che rapporti sfavorevoli aggravano gli effetti di sovraccarico osseo.

 

In figura 4 è rappresentata la vista assonometrica del modello tridimensionale completo della porzione di mandibola circostante l'impianto e dell'impianto stesso. In rosso è rappresentato il titanio dell'impianto, in azzurro l'osso corticale, mentre il colore verde individua l'osso spongioso. Si può osservare che la sezione riproduce la conformazione della mandibola approssimativamente in corrispondenza dei premolari. In figura 5 è rappresentata la sezione del modello ad elementi finiti in corrispondenza dell'impianto.

 

Il codice di calcolo agli Elementi Finiti impiegato è ANSYS5.2 della Swanson Analysis Systems Inc., Houston, U.S.A. [24], su elaboratore elettronico IBM della serie RISC6000. Gli elementi finiti impiegati nella modellazione sono elementi tetraedrici a dieci nodi, in grado di modellare anche contorni curvi. Si tratta di elementi cosiddetti di ordine superiore, nel senso che sono originati da una formulazione analitica particolarmente sofisticata che consente di modellare strutture impegnative minimizzando le approssimazioni e gli errori numerici.