PREFAZIONE

All'alba del terzo millennio la possibilità di risolvere l'invalidità determinata dall'edentulia mediante una terza dentizione è una realtà incontrovertibile. Questo traguardo si è raggiunto con difficoltà, attraverso un percorso tortuoso, che talvolta ne ha rallentato lo sviluppo; il cammino è stato caratterizzato da una prima era pionieristica, osservata con distacco e scetticismo dal consenso scientifico, ma affrontata con quella caparbietà che soltanto nell'entusiasmo di professionisti seri ed innamorati dell'odontoiatria ha affondato le sue radici. A questo primo momento, spesso segnato da eccitanti risultati ma anche da profonde delusioni, è seguita l'era dell'osteointegrazione, che attraverso la conferma scientifica e un approccio sistematico alla risoluzione dell'edentulia, ha condizionato l'accettazione del principio biologico. Le due fasi, antitetiche nella filosofia ma prossime nella sostanza, hanno avuto in comune la necessità di affermare, innanzitutto la validità della metodica, esprimendo lo stato dell'arte esclusivamente dal punto di vista dell'efficacia nella risoluzione funzionale.
La diffusione della metodica e l'applicazione routinaria, in seguito, hanno condotto a un affinamento delle tecniche e a un perfezionamento dei protocolli che negli ultimi cinque anni ha determinato uno stravolgimento dell'approccio implantare.
L'utilizzo di impianti endossei, da procedura che si è avvalsa di presidi per il solo ancoraggio della protesi, si è trasformato in una possibilità riabilitativa che si prefige l'obiettivo di ripristinare non soltanto la funzione, ma di determinare, anche, il biostimolo perduto nelle strutture scheletriche edentule. Questa chiave di lettura, più attuale, ha permesso di affrontare, in maniera diversa e più mirata, gli esiti condizionati dai processi involutivi. L'elevata predicibilità della terapia, in grado di garantire la continuità del ripristino trofico dell'apparato stomatognotico, è stata conseguita attraverso la classificazione delle atrofie dei mascellari e la standardizzazione dei protocolli per il reintegro dei tessuti perduti, duri e molli. La crescita professionale si è, anche, concretizzata in una maggior attenzione nell'acquisizione dei dati diagnostici e nella formulazione dei piani di trattamento più predicibili e in grado di esaustire maggiormente le aspettative, non solo funzionali, ma spesso altamente estetiche, del paziente del nuovo millennio.