Principi Generali di Rigenerazione

 

Affinché la rigenerazione avvenga è necessaria la presenza di cellule capaci di formare cemento, osso e legamento parodontale; tali cellule devono essere disponibili nelle vicinanze del difetto e devono poter migrare sino ad occupare il difetto e ivi produrre i tessuti specializzati finali.

La teoria attuale è che tali cellule progenitrici risiedano nel legamento parodontale e/o nell'osso alveolare adiacente al dente.

Tale osservazione è di importanza pratica decisiva ed è motivo della necessità, durante l'intervento implantare, di assicurarsi un adeguato apporto di cellule di derivazione ossea dal fondo della cavità curettando la stessa.

Infatti se tale cavità non sanguina è indispensabile provvedere a stimolarne il sanguinamento in modo da ottenere il riempimento della cavità residua con coagulo di derivazione ossea.

Il progresso nella comprensione delle basi biologiche caratteristiche del processo di guarigione della ferita chirurgica parodontale ha consentito l’identificazione di molte molecole che regolano la mitosi, la differenziazione e la migrazione delle cellule coinvolte ed ha posto la base per la comprensione dei processi che regolano la GTR e la GBR.

Quando, alla fine della procedura chirurgica viene posizionato il lembo, il tessuto piu attivo e aggressivo, nella fase iniziale della guarigione della ferita,  risulta essere l'epitelio gengivale.

Questo tessuto migra apicalmente tra dente e lembo e si attacca alla superficie dentale formando epitelio giunzionale lungo.

Tale attività previene la formazione di tessuto connettivo precludendone la rigenerazione.

È dunque indispensabile, in parodontologia come in chirurgia implantare, interporre una barriera alla penetrazione epiteliale, dando così il tempo al coagulo di derivazione ossea di produrre le summenzionate cellule capaci di rigenerare.

La stabilizzazione della ferita rappresenta il momento critico della fase iniziale della guarigione post chirurgica.

Al riposizionamento del lembo segue la formazione di un coagulo tra radice e lembo.

La fibrina del coagulo rappresenta l’attacco iniziale alla superficie radicolare, prevenendo l’accrescimento in profondità dell’epitelio e nel contempo formando una impalcatura per lo sviluppo del meccanismo di attacco cellulare e delle fibre collagene.

Questo primitivo attacco di fibrina alla superficie radicolare è facilmente lesionabile e richiede protezione finché la sostituzione o il ricollocamento delle fibre collagene sia completato.

Le possibilità offerte dalle tecniche della rigenerazione guidata dei tessuti, secondo principi di condizionamento della proliferazione differenziata dei differenti tessuti coinvolti nel processo di guarigione, hanno consentito di ottenere importanti risultati dal punto di vista della riabilitazione parodontale ed implantare.

Queste possibilità sono ancor più significative in implantologia dove l’assenza delle radici naturali e la conseguente semplificazione dei modelli biologici di guarigione, sommate alla relativa facilità della protezione della ferita chirurgica, consentono di raggiungere risultati davvero entusiasmanti.  

Da quanto appena esposto consegue che per ottenere un processo di rigenerazione sia necessario:    

avere disponibilità di un pool di progenitori cellulari in zone adiacenti alla ferita  
ottenere la migrazione cellulare di tali cellule specializzate e non di altre (es.cellule epiteliali della ferita)  
mantenere quiescente e protetto il coagulo  

  A ciò si aggiungano la necessità di eliminare dal sito chirurgico eventuali elementi tessutali degradati, sfibrati od infettati e la necessità di eliminare eventuali patogeni dal sito di guarigione.

  Le attuali possibilità di rigenerazione ossea consistono in:

rigenerazione ossea guidata o tecnica della membrana

applicazione di osso naturale o di sostituti ossei per il riempimento di  difetti;  

combinazione delle due metodiche in caso di difetti più estesi.  

 Tecnica della Membrana

Per quel che riguarda la tecnica della membrana, brillanti risultati  sono stati ottenuti con fogli in e-PTFE che hanno costituito per lungo tempo  il  materiale di routine per questo tipo di trattamento.

Spesso, grazie all'impiego di queste membrane utilizzate anche in associazione a osso naturale o artificiale, è stato  possibile riempire efficacemente difetti anche importanti .

La necessità però di un secondo intervento di rimozione della membrana di  e-PTFE nonché l'occasionale formazione di deiscenze della ferita (che  comportano il pericolo di una successiva infezione) durante la fase di  guarigione primaria, hanno reso auspicabile l'individuazione di soluzioni più adeguate per l’utilizzo della tecnica della membrana .

Le successive ricerche dunque si sono orientate verso la realizzazione  di membrane bioriassorbibili, che consentano di limitare l'intervento  chirurgico a un solo atto operatorio .  

Fondamentalmente si individuano due classi di prodotti biodegradabili:

Polimeri Sintetici: copolimeri di lattide/glicolide,
acido di polilactide miscelato ad esteri dell'acido citrico
Biomateriali naturali: collagene

 

 

Concetto di Rigenerazione Ossea Endogena:

  la formazione di osso endogeno (riparazione endogena di cavità ossea) è un evento naturale di tipo fisiologico.

L’organismo animale è dotato di un complesso sistema di autoriparazione, che fa si che lesioni provocate ai diversi tessuti che lo compongono possano essere riparate mediante la ricostruzione degli stessi, nel limite del possibile. Tutti i processi farmacologici e le tecniche chirurgiche messe in atto su di un organismo vivente hanno lo scopo o di velocizzare i naturali processi fisiologici che portano alla guarigione o di renderla possibile ove questa non potesse verificarsi.

Il processo di guarigione di una cavità ossea provocata chirurgicamente o a seguito di esito patologico passa attraverso quattro fasi:

travaso ematico cavitario 
posizionamento delle cellule ossee (osteoclasti ed osteoblasti, loro precursori e molecole che ne regolano differenziazione, proliferazione e mitosi ) sul perimetro della cavità. (vedi capitolo sul “Tessuto osseo”)  
produzione della fibra di collagene, rimozione progressiva dell’osteocoagulum, con proliferazione dei vasi
produzione tridimensionale del collagene, posizionamento tridimensionale delle cellule ossee, mineralizzazione della fibra collagena tramite cristalli di idrossiapatite fosfatasi alcalina e le altre molecole che presiedono la mineralizzazione. (vedi capitolo sul “Tessuto osseo”)

Essendo un processo che comunque avviene anche senza l’intervento di farmaci la funzione di un biomateriale è quella di coadiuvare e possibilmente velocizzare la naturale formazione endogena di tessuto osseo provocando:  

effetto tenda  

riduzione del volume cavitario  

effetto conduttivo  

effetto induttivo (stimolazione rigenerativa).  

I biomateriali presenti sul mercato, sia di origine naturale che di sintesi non hanno sino ad oggi dimostrato di rispondere integralmente ai requisiti sopra menzionati. Non solo questi prodotti non sono in grado di svolgere un’azione coadiuvante nei confronti dell’autorigenerazione ossea, ma molto spesso rappresentano un ostacolo al processo fisiologico di autorimodellamento osseo presentando tempi di riassorbimento eccessivamente lunghi, o modificando l’ambiente cellulare in maniera tale da impedirne o rallentarne l’azione biologica.

Va tenuto presente che il turnover osseo avviene mediamente in un periodo di dodici mesi, biomateriali che presentino quindi tempi di riassorbimento più lunghi daranno luogo alla formazione di tessuto osteoide con caratteristiche biomeccaniche non rispondenti ai requisiti richiesti per un corretto uso degli stessi a fini protesici.

Categorie Merceologiche dei Riempitivi:

 le categorie di prodotto messe a punto dall’industria farmaceutica e dai laboratori specializzati in biotecnologie sono essenzialmente quattro:

osso umano condizionato  

osso animale condizionato

biomateriali naturali  

biomateriali di sintesi  

Sia i biomateriali naturali che quelli di sintesi imitano la struttura dell’idrossiapatite ossea.  

Biomateriali di sintesi:
questi materiali sono normalmente di natura polimerica in forma non riassorbibile o semiriassorbibile. Alcuni di questi elementi vengono presentati in forma totalmente riassorbibile ma presentano un tempo di metabolizzazione di circa quattro anni. Tenendo conto dei tempi di turnover osseo fisiologico devono essere considerati come permanenti, dando luogo a formazione di tessuto osteoide con caratteristiche fisiche e biologiche inutili sia ai fini protesici che biomeccanici funzionali.
 

Idrossiapatiti di sintesi:
questi prodotti vengono proposti commercialmente sotto svariate etichette, utilizzati puri o in associazione a polimeri o collagene, in forma di granulati, tavolette semiflessibili o blocchi. Pur avvicinandosi chimicamente all’idrossiapatite naturale ne rappresentano una forma ceramizzata (bioceramica) ad alta densità scarsamente o del tutto riassorbibile a seconda della sezione dei granuli proposti. La loro unica funzione inquadrata nell’autoriparazione fisiologica endogena ossea può essere considerata la capacità di creare un effetto tenda e la riduzione del volume cavitario. In questa categoria possono essere inseriti anche i biocoralli in quanto anch’essi rappresentano una forma allotropica dell’idrossiapatite ossea presentando delle caratteristiche cristalline con alta densità e quindi con tempi di rimodellamento del tutto simili alla forma sintetica.  

Tessuti ossei animali deantigenati:
i sistemi utilizzati dalle varie case produttrici per l’elaborazione di tessuti animali deantigenati derivano tutti da uno stesso concetto brevettuale, assimilando gli stessi ad un’unica categoria di prodotto con caratteristiche di funzionamento fisiologico del tutto simili. Il sistema utilizzato per l’eliminazione delle componenti antigeniche presenti nel tessuto passa sempre attraverso una fase di calcinazione, questo metodo pur garantendo una perfetta deantigenizzazione del tessuto produce anch’essa una forma allotropica del cristallo di idrossiapatite che portato a temperature che variano dai 600 ai 1200 gradi subisce un processo di ceramizzazione dando luogo a tempi di rimodellamento del tutto simili alla forma sintetica dalla stessa. Questi processi derivando da un unico ceppo brevettuale opportunamente modificato a seconda dei casi possono essere unicamente applicati all’osso di derivazione bovina, dando luogo ad un prodotto in forma granulare o di piccoli blocchi con caratteristiche biomeccaniche differenti da quelle del tessuto osseo umano che li ospita. In alcuni casi di applicazione, specie nella chirurgia della colonna vertebrale la loro scarsa riassorbibilità viene accentuata mediante processo di sinterizzazione, garantendo al tessuto un ottima resistenza alla compressione.  

Osso umano trattato:
i sistemi proposti per il trattamento dell’osso umano pur essendo in grado di ridurre notevolmente il rischio di risposta antigenica non possono essere considerati sistemi deantigenanti al 100%. Se così fosse potrebbero essere applicati anche a tessuti di natura geneticamente diversa (animali), in cui la presenza di xenoantigeni devastante determina una risposta immunologica provocando l’immediato rigetto dell’innesto. Il sistema normalmente utilizzato per abbassare il rischio di interferenza antigenica e dato dal trattamento di liofilizzazione, presente in tutti i metodi di preparazione proposti per il tessuto umano. I sistemi per la preparazione dell’osso umano considerando lo stesso a basso rischio di risposta antigenica tendono quindi a garantire soprattutto l’eliminazione di patogeni trasmissibili avvicinandosi quindi ad un concetto di sterilizzazione, che deve partire necessariamente da un tessuto il più possibile privo di patogeni già dalla fonte, non essendo possibile sottoporre il tessuto osseo umano a sterilizzazione in autoclave in quanto il tessuto contenendo ancora notevoli quantità di sostanza organica subirebbe un processo di macerazione favorita dall’apporto di vapore in forma satura che porterebbe al disfacimento dello stesso in tempi rapidi. Dosi di raggi gamma pari a 25 KGJ ( 2,5 Mrad) non sono applicabili allo stesso in quanto ne ridurrebbero la resistenza meccanica con valori pari a 0. La quantità di radiazioni alle quali può essere sottoposto un tessuto umano osseo senza subire considerevoli danni e di circa 1,5 Mrad , non sufficienti visto che il prodotto per la sua natura biologica deve essere considerato un prodotto ad alto pericolo di contaminazione.

Uno dei maggiori pregi dei questo tessuto che ne fa preferire l’uso e la capacita di giungere alla suo totale riassorbimento finale in tempi estremamente brevi , e nel caso di utilizzo di tessuto spongioso anche troppo rapidi, obbligando il chirurgo ad impiantare soprattutto grosse porzioni di tessuto corticale il cui tempo di metabolizzazione consente di ottenere buoni risultati. L’estrema e totale riassorbibilità del tessuto e da attribuirsi anche all’azione di chemiotassi macrofagica provocata dalla risposta del sistema immunitario alla presenza di antigeni ancora residenti se pur in minima parte nella sostanza organica residua.  

Negli ultimi anni la comparsa di patogeni letali (HIV) e una maggior presa di coscienza da parte della categoria medica riguardo l’eventuale possibilità di trasmissione di malattie infettive (epatite virale) hanno limitato l’uso di questi tessuti, stimolando la ricerca verso nuovi prodotti che fossero in grado di soddisfare le esigenze di biomeccanica e funzionalità richiesta al tessuto. L’uso di tessuti ossei umani viene quindi applicata in quanto i sistemi fin qui proposti non sono in grado di soddisfare le esigenze della classe medica, costringendola a considerare una valutazione di possibile rischio nel loro utilizzo inferiore ai vantaggi biomeccanici che si possono ottenerne.